
La chiesa di San Fermo e Rustico rappresenta uno di quei luoghi che invitano alla sosta, sia per un momento di preghiera che per riscoprire frammenti della nostra storia. Come tessere di un mosaico, questi elementi si incastrano perfettamente, restituendoci l'immagine di un passato ancora profondamente intrecciato con il presente.
L'edificio si distingue per la sua semplicità, armoniosamente inserito nel contesto urbano. All'ingresso del vialetto, una croce accoglie i visitatori, ricordando loro la gratitudine verso Dio per ogni giorno, ogni ora, ogni istante vissuto, nonostante le difficoltà e le prove della vita. La figura di Cristo crocifisso diviene un simbolo potente, risvegliando le coscienze dall'indifferenza e infondendo una speranza capace di trasformarsi in nuova vita attraverso la fede. Questo crocifisso fu eretto anche in memoria delle vittime della Seconda Guerra Mondiale e degli eventi bellici che segnarono tragicamente questo luogo.
Le origini della chiesa risalgono alla cappella privata dei conti Crotta, un'antica famiglia patrizia veneziana proveniente probabilmente dall'alta bergamasca. Nel tardo Ottocento, assunsero il nome Calbo-Crotta. Possedevano vasti terreni a San Giacomo di Veglia e amministravano miniere ad Agordo per conto della Repubblica Veneta. I Crotta avevano diverse residenze, tra cui un palazzo sul Canal Grande, uno ad Agordo e una dimora a San Giacomo di Veglia, che consideravano la loro residenza di campagna.
L'intitolazione della chiesa ai santi Fermo e Rustico rimane avvolta nel mistero. Una delle teorie più accreditate li collega all'epoca dell'antica Roma: Fermo, un nobile bergamasco, venne arrestato insieme al parente Rustico. Dopo atroci tormenti, furono condannati a morte a Verona, ma alcuni concittadini trafugarono i loro corpi per dare loro sepoltura. Un'altra ipotesi suggerisce che i due vissero in Africa e morirono martiri a Cartagine sotto l'imperatore Decio, con il loro culto successivamente diffusosi fino a Verona e in tutto il territorio della Serenissima.
Purtroppo, la data esatta di costruzione della chiesa e il nome del progettista restano ignoti. Ciò che è certo è che la prima testimonianza scritta del luogo sacro risale al 1646. Pur essendo una cappella privata dei conti Crotta, fu sempre sotto la giurisdizione del capitolo della cattedrale, fino a diventare parte della curazia della chiesa di San Giacomo di Veglia. In origine dedicata solo a San Fermo, nel 1738 fu affiancato anche il nome di San Rustico.
L'interno della chiesa, sobrio e luminoso, invita alla riflessione e alla preghiera. Il rumore della strada sembra arrestarsi sulla soglia, lasciando spazio al silenzio e alla serenità. A sinistra dell'altare si trova una statua della Vergine Maria, mentre sulla destra un crocifisso ai cui piedi è collocata una cassettina di legno. Questo piccolo contenitore accoglie richieste di grazia e preghiere, che ogni sabato vengono affidate alle monache del vicino Monastero Cistercense, creando un filo invisibile di devozione tra la comunità e il convento.
Alla fine dell'Ottocento, con la scomparsa di Federico di Francesco, la famiglia Calbo-Crotta si estinse e i loro possedimenti furono venduti. La villa passò all'industriale Torres di Vittorio Veneto, che successivamente la cedette alle monache Cistercensi, costrette a lasciare Belluno. Queste trasformarono la residenza nel Monastero Cistercense dei Santi Gervasio e Protasio. La cassettina delle preghiere rimane oggi un simbolo tangibile del legame tra la chiesa e l'antica dimora nobiliare.
La pala d'altare, opera del pittore locale Vittorio Casagrande, spicca per i colori luminosi e la vivacità dell'immagine. Raffigura la Vergine Maria al centro, affiancata dai due santi: uno regge un libro, l'altro indica la Madonna, invitando alla sua intercessione. Gli angeli, dal volto rasserenante, circondano il trono e intonano un canto, con uno spartito su cui si leggono le parole "Casagrande pinxit" e l'anno di realizzazione dell'opera, 1953.
La festa dei santi Fermo e Rustico si celebra il 9 agosto. Un manifesto del 1894 documenta un programma di festeggiamenti che prevedeva giochi popolari, luminarie e l'esibizione della banda di Vittorio-Ceneda. Già dal 1886 era attivo un servizio di trasporto con carrozze trainate da cavalli tra Piazza Garibaldi (Ceneda) e Piazza Fontana (Serravalle), un tentativo di unire i due centri cittadini, seppur inizialmente poco efficace.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la chiesa si trovò lungo il tragitto della "colonna del Menaré", composta da soldati tedeschi in ritirata. Subì un bombardamento alleato che la rase al suolo, lasciando intatta solo la base del campanile. Nel rigido inverno del 1953, la comunità di San Giacomo, spinta da una profonda fede, avviò la ricostruzione della chiesa, che fu completata in pochi mesi. L'inaugurazione avvenne il 29 aprile dello stesso anno, alla presenza del vescovo Zaffonato e di numerosi fedeli, gli stessi che avevano assistito alla posa della prima pietra in una gelida mattina di febbraio. Accanto alla chiesa furono edificati un oratorio e uno spazio verde, divenuto punto di ritrovo per i giovani e teatro delle prime partite di calcio parrocchiali. Una lapide esterna ricorda il bombardamento del 29 aprile 1945 e la successiva ricostruzione, frutto della devozione e dell'impegno della comunità.
La chiesa di San Fermo e Rustico è uno di quei piccoli gioielli del territorio che, grazie alla fede e alla memoria collettiva, continuano a vivere nel tempo. Le fiammelle dei lumini accesi dai fedeli testimoniano una devozione sincera, che rende questo luogo un punto di riferimento per tutta la comunità.